industrie jazzcore   La storia degli SPLATTERPINK
di Diego D'Agata
  << Seconda Parte >>  
           

Tornando a ciò che in quel periodo mi sarebbe piaciuto fare non erano ne sono mai stati di certo i Primus. La cosa più difficile per un musicista ‘inquieto’, schiera alla quale credo di appartenere, è mantenere un certo equilibrio di fronte ai vari inputs esterni rappresentati da ogni nuovo ascolto, ogni differente prospettiva, ogni cambiamento etc.
Almeno questo era quello che pensavo, in realtà mi sbagliavo. Un musicista non deve essere equilibrato, la band deve essere mobile, cinetica, l’album successivo dovrebbe essere sempre diverso da quello precedente.
Con questo non voglio dire che il giorno dopo aver composto un pezzo hard-core ne devi comporre uno samba, certo è che un’attitudine simile aiuta, se non altro come esercizio.
A dire il vero però è da un po’ che sono tentato di verificare la risultante di una possibile contaminazione fra noise e musica latino americana, dovreste sentire le ultime cose con il nuovo batterista, Ivano Zanotti, il decimo della lista, e non escludo possiate sentirle entro breve.
Il pacco del 1993 si chiama Alessandro Cavazza, venuto a sostituire Metello e dissoltosi nel nulla dopo un paio di mesi, il bello è che qualche tempo fa mi sono sentito chiamare da lui con la proposta di entrare nel mio nuovo progetto, i TESTADEPORCU, perchi ‘udite, udite’ aveva un anno da perdere per poter suonare in una band prima della laurea. Incredibile, vero?
Post Cavazza entra quello che ancor ora è il nostro chitarrista, Federico Bernardi, al quale avevo già chiesto tempo addietro di entrare nella nostra felice comunità.
Nello stesso tempo scopro quanto il servizio militare o civile che dir si voglia possa nuocere gravemente all’anima e perdiamo Keith Moon. Cosa c’è che non va?
Quello che non va è tutto il sistema imposto. Quello che ti fa vivere come una pedina, nasci-consuma-muori, servi lo stato, fai ciò che ti viene detto, suona secondo le regole del mercato, cagati addosso, vedi gli stessi films, mangia la stessa merda, vesti gli stessi stracci.
Io resisto, qualcun altro no. Ho una lista mentale dettagliatissima di tutti coloro che anche pur non facendolo vedere sono scoppiati nella ricerca del proprio trogolo societario in cui mangiare. Alcuni di essi sono vicini, vicinissimi, e sono gravissimi.
Anche perdere Bi è stato grave, in effetti di batteristi capaci di suonare questo genere a Bologna non ce ne sono mai stati troppi anche se ultimamente stiamo notevolmente migliorando, soprattutto fra i ragazzini.
Il problema sono stati gli anni’80, quelli da cui provengo. Ho amato tantissimo i DEAD KENNEDY’S, i GANG OF FOUR, i Rip Rig & Panic, gli XTC, i Cure etc., quello che queste bands hanno insegnato sotto il profilo della libera espressione è stato enorme, una vera rivoluzione, ma sotto il profilo della crescita tecnica hanno fatto solo danni. Il messaggio dei Pistols fu chiarissimo: tutti possono suonare tre accordi. Del resto alla fine dei ‘70 la progressive spaccava i coglioni a non finire e così pure la disco, quindi capisco le origini del problema; il fatto però è che quelli della mia generazione, me compreso, hanno bandito quasi del tutto lo studio del proprio strumento e quando si è trattato di dover cacciare fuori le palle nuovamente ci si è ritrovati tutti con un bel mucchio di merda fra le mani.
Io ho dovuto fare un’opera di recupero enorme nei miei confronti e una fatica bestia. Per quello non c’era più nessuno in grado di tenere decentemente una bacchetta in mano, le vittime del punk.

  Da qui mi riallaccio nuovamente a tutte le bands che hanno ripopolato i ‘90, bands che improvvisamente sembravano aver ripreso a saper suonare uno strumento e noi tutti inevitabilmente eravamo rimasti indietro. Naked City, Primus, Meat Puppets, Nomeansno, Victims Family, CARDIACS, Mr. Bungle, Sholved.
Per un po’ dopo la dipartita di Bi abbiamo dovuto arrangiarci con una batteria elettronica.
Avete idea di quello che significa programmare i pezzi degli Splatter su una batteria elettronica? Da qui ho maturato la teoria sui batteristi di cui sopra.
Oltretutto se fossimo stati veramente uguali ai Primus non sarebbe stato cosl difficile, ma del resto di coglioni che devono fare per forza dei paragoni il mondo è pieno.
1993. Arriva Coltrane, in arte Alessandro Meroli detto il Merols a suonare il sax baritono.
Federico decide di aggiungere un sax al gruppo per rispettare almeno il concetto di trio visto che siamo rimasti solo noi due. Personalmente ritengo questa scelta la migliore che si possa mai aver fatto, sclerosi del Merols a parte. Del resto siamo pure impasticcati con il jazz, genere del quale in quegli anni si fa un gran parlare specialmente negli ambientini underground di Bologna. Sinceramente, non voglio passare per uno che racconta stronzate, ovvero che a me il jazz è sempre piaciuto, a me il jazz, fino a quando non ho conosciuto Metello e formato gli Splatter, faceva totalmente cagare; un’altra delle lezioni punk.
Se Met mi ha fatto intuire la bellezza del jazz col Merols sono arrivato quasi a suonarlo.
Come se non bastasse arriva Leonardo Saracino alla batteria; sono praticamente circondato da jazzisti anche se la cosa non può che farmi del bene; gli Splatter partono alla grande.
L’unico non jazzista, almeno non nel senso tradizionale del termine è Federico, alias La Ierna, il quale però è sempre stato un accanito frequentatore di sonorità blues. Un bel pastiche, non c’è che dire, un new waver pentito e fulminato dall’hard core, un bluesman e due jazzisti. E’ per questa ragione che stilisticamente non mi sono mai del tutto deciso fra la schizofrenia o la calma, fra i Ruins o Steve Coleman, fra l’adottare soluzioni più cinetiche o ipnotiche; in casi come questo h meglio adottare tutto, ed è quello che ho cercato di fare.
Date le ragioni prima accennate decidiamo di autoprodurre il nostro primo lavoro. Nel dicembre 1994 entriamo al Pedale Baroque Studio di Bologna ed ignorando le teorie pop di FRANCO TURRA registro e mixo in tre settimane su un Fostex 16 tracce a nastro INDUSTRIE JAZZCORE.
Le teorie del pop di Franco Turra, che io stimo e rispetto, consistono nel fare suonare un disco all’inglese. Bassi occulti, cassa dietro, chitarre controllate o finto sporche come del resto tutti i suoni degli strumenti che vogliono apparire cattivi, voce in primo piano. Il mio metodo, con gli Splatter, consiste nell’esatto opposto. In fin dei conti il noise è la nostra coordinata musicale più saliente e la mia insofferenza verso tutto quello che ho ascoltato anni addietro, soprattutto il pop, è abbastanza evidente.
 

Io ho sempre odiato i Beatles.
Il mio opposto a questa teoria consiste nell’ottenere suoni potenti e distorti non tramite il banco ma attraverso dei buoni microfoni e dei buoni ampli tenuti a livelli inverosimili, nel tenere la voce indietro e la base ritmica davanti, nella punta esagerata della grancassa, nella presenza massiccia di bassi sul rullante, nella non equalizzazione di basso e chitarra in entrata sul registratore, nell’uso di microfoni a condensatore ai lati della sala, nella registrazione in diretta.
Sfortunatamente gli ampli a nostra disposizione in quel periodo non erano proprio Rolls Roice, si sta parlando di un Trace Elliott da battaglia testata più cassa ed un vecchio e marcio Marshall a transistor testata più cassa pure lui, un prodotto very lo-fi, quindi.
Fortunatamente il basso è un Warwick Streamer Stage 1 neck-through body e la chitarra una Gibson SG, a mio parere due perle.
Stendiamo un velo pietoso sul baritono di allora del Merols.
Nonostante il lavoro sia stato mandato in stampa direttamente dal dat del mixaggio, quindi non masterizzato, nessuno si è mai lamentato del suono; la cosa mi fa abbastanza godere.
Paradossalmente, come dicevo prima, TANTE RECENSIONI e nessuna stroncatura, fatta eccezione per l’illustre Alberto Campo che probabilmente ha ascoltato un quarto della prima traccia, troppo impegnato a leccare il culo al trend del momento (non parlo per risentimento, sono solo fatti reali, quando si ha a che fare con i giornalisti).
Parliamo solo un attimino di giornalisti.
Un giornalista musicale può essere solo un musicista fallito o uno che non scopa abbastanza, in ogni caso un soggetto con spiccate attitudini masturbatorie.
Solo a una di queste due categorie può venire in mente di scrivere di musica.
So quello che vi chiederete a questo punto.
Io non sto scrivendo di musica, scrivo solo la nostra storia, la mia vita sessuale è soddisfacente e per il fallito giudicheranno i posteri. Yeah.

 
 
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